Cinarina, ferro. E ancora, inulina e tannini. L’eccellenza nutrizionale dei carciofi è costituita dal loro ottimo apporto di fibra alimentare. La fibra introdotta con i carciofi non viene digerita nella prima porzione dell’intestino e arriva nel colon, dove viene attaccata dalla flora intestinale, detta microbiota, creando prodotti, come alcuni acidi grassi a catena corta, che hanno un ruolo importante per la regolazione del metabolismo glico-lipidico. In termini semplici, queste sostanze aiutano a mantenere costanti i livelli di glicemia e contrastano l’aumento del colesterolo nel sangue.

 

La cinarina in essi contenuta, in particolare, è una sostanza utile per proteggere il fegato e abbassare, allo stesso tempo, i valori del colesterolo cattivo nel sangue. La sua azione diminuisce però quando il carciofo viene bollito, anche se la quota di ferro assimilabile aumenta; quindi è particolarmente indicato mangiarlo cotto soprattutto a chi soffre di anemia. I tannini, invece, che conferiscono a questo alimento il caratteristico colore scuro e quella particolare sensazione di ruvidità sulla lingua, hanno un’azione sedativa e altamente antiossidante e antitumorale.

 

Un consiglio

Scegliete i carciofi in base alla zona di produzione per incoraggiare il consumo di alimenti a kilometro 0. Fra le varietà presenti in Italia, possiamo distinguerli in tre tipi principali: i vi letti, tipici dell’Italia del Nord e della Sardegna, sono più ricchi di cinarina e ferro, e anche più gustosi, ma sicuramente i più duri. I romaneschi sono i più pregiati e teneri, oltre a contenere una dose più alta di zuccheri e tannini. Il carciofo del basso Lazio (Latina), invece, è un po’ più povero dal punto di vista nutrizionale rispetto agli altri due.