Stiamo diventando tutti allergici o intolleranti a qualche alimento? Secondo la Società Italiana di allergologia asma e immunologia clinica (Siaaic), circa il 25% degli italiani dichiara di soffrire di intolleranze o allergie, ma in realtà a soffrirne è solo il 4,5%. Questo perché spesso ricorrono a un’auto-diagnosi: cercano informazioni sul web, confrontano i sintomi con gli amici e decidono da soli di eliminare dalla propria dieta alcuni alimenti, correndo il rischio di incorrere in carenze alimentari. Abbiamo a disposizione una grande varietà di test ed esami per scoprire se soffriamo di una qualche forma di allergia o intolleranza. Ma sono tutti validi?

Affrontiamo questo delicato argomento con il dott. Corrado Pierantoni, medico endocrinologo e nutrizionista, che chiarisce subito: “Da qualche anno, le intolleranze o le pseudo allergie sono diventate un pretesto per fare fare ai pazienti indagini costose e inaffidabili. È facile scoprire se si è allergici a un determinato alimento: basta valutare con un semplice esame del sangue la presenza di specifici anticorpi, mentre non esistono certezze per le intolleranze. Se questi test non vengono eseguiti in laboratori dove è possibile ricorrere al prelievo del sangue, a volte ci possono essere proposti una miriade di test alternativi che sono stati dichiarati dall’associazione americana di gastroenterologia “senza valore scientifico”, se non controindicati. Stiamo parlando di esami quali il test cutaneo con cibo intracutaneo, test di citotossicità, kinesiologia applicata... È un sotto mercato che è più commerciale che scientifico. I pazienti, generalmente, ricevono una dieta rigidissima che può portare a malnutrizioni”.

 

I test affidabili

“Quelli sicuri – aggiunge Pierantoni - sono test ben standardizzati e di basso costo. Ad esempio il dosaggio delle IgE specifiche per gli alimenti e degli anticorpi per il glutine, il breath test per il lattosio e, se necessario, esami più complessi come l'esecuzione di una biopsia intestinale”.

 

Le intolleranze fanno ingrassare?

Molto spesso pensiamo di essere intolleranti a un alimento quando ci accorgiamo che stiamo ingrassando. “Ma Le intolleranze non fanno ingrassare”, puntualizza il medico. “Anzi, alcune (come la celiachia) portano al dimagrimento perché uno dei sintomi è la diarrea. Quindi, prima di escludere qualsiasi alimento dalla propria dieta, è bene assicurarsi di essere veramente intolleranti o allergici. Per esempio, 1/3 degli intolleranti al lattosio lo è realmente, il restante è mal digestione”.

 

I sintomi

“Si distinguono in intolleranze farmacologiche o pseudo allergiche e sono scatenati da alcuni alimenti che, però, non interessano il sistema immunitario (al contrario delle allergie). I sintomi sono orticaria, meteorismo, diarrea, dolori addominali, cefalea ed emicrania, rinite e asma. Nella maggior parte dei casi, alcune sostanze alimentari stimolano la produzione di una sostanza detta istamina, che normalmente serve per la giusta trasmissione degli impulsi nervosi e per far aumentare il flusso sanguigno. Nella giusta dose fa bene. Ma, se prodotta in quantità eccessiva, può far scatenare i sintomi citati. Oltre all’istamina, ci sono anche la tiramina, gli additivi alimentari, alcune sostanze ad azione farmacologia come l’acido acetil salicilico, caffeina e serotonina”.

 

La terapia

“La terapia si basa sulla non assunzione degli alimenti che fanno scatenare l’istamina”, spiega Pierantoni. “Sono da limitare:

  1. Alimenti contenenti istamina: spinaci, pomodori, crauti, fegato, insaccati, carne di maiale, aringhe, acciughe, sardine, formaggi fermentati (emmenthal, fontina, parmigiano) gorgonzola,
  2. Alimenti che contengono istamina e tiramina: fragole, banane, ananas, avocado, pomodoro, arachidi, mais, nocciole, mandorle, frutti di bosco, crostacei, pesce, affumicato, salsicce, dadi per brodo, estratti di carne
  3. Alimenti che contengono caffeina: tè e caffè, cacao e cioccolata, bevande a base di cola
  4. Alimenti che contengono serotonina: banane, pomodori, avocado, ananas
  5. Farmacologici (acido acetil salicilico): pomodori, zucchine, cetrioli, melone, ciliegie, agrumi, mele, fichi (l’acido acetil salicilico è anche contenuto nei dolci, nei cibi in scatola e negli alcolici)
  6. Alimenti che contengono acido benzoico e beanzoato di sodio: bibite, vini, conserve di pesce, maionese, salse confezionate, formaggini
  7. Alimenti che contengono anidride solforosa e solfiti: sono presenti in alcuni vini bianchi, birra, marmellate, sottaceti, frutti di mare e crostacei
  8. Alimenti che contengono nitrati e nitriti: wurstel e salumi
  9. Alimenti che contengono tartarazina e iritrosina: coloranti giallo e rosso utilizzati in pasticceria. Nei liquori, nei pelati, nei ghiaccioli e nei medicinali
  10. Alimenti che contengono glutammato monosodico: dadi, cibi precotti…

Prima di escludere gli alimenti, però, è molto importante parlare con il proprio medico curante”, sottolinea l'esperto.